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La comodità di fare operazioni bancarie attraverso “app” di “mobile banking” è indiscutibile. Il poter trasformare il proprio smartphone in uno sportello bancario è un sogno facilmente realizzabile. Nonostante così entusiasmanti premesse, il Federal Bureau of Investigation ha appena lanciato un’allerta legato al crescente utilizzo di “app” che facilitano il rapporto con il proprio istituto di credito e semplificano pagamenti e bonifici. Secondo FBI questo clima di grande soddisfazione degli utenti sta realizzando l’habitat per i cyber criminali che già stanno mietendo “successi” su queste piattaforme e che in prospettiva sapranno sfruttare al meglio (per loro, naturalmente) la virtualizzazione della relazione cliente-banca. Secondo una statistica citata dai “federali” nel proprio “annuncio di pubblico servizio”, oltre il 75% degli americani avrebbe in qualche modo utilizzato il “mobile banking” nel corso del 2019, facendo emergere che il 36% della popolazione statunitense prevede di utilizzare strumenti mobili per condurre attività bancarie e il 20% prevede di visitare

E' un app super tecnologica che vanta oltre 10 milioni di download nel Play Store di Google con utenti da 20 nazioni del mondo che la utilizzano per fruire di servizi di consegna rapida a domicilio, che nelle grandi città sono spesso operativi 24 ore su 24 e sette giorni a settimana grazie al lavoro di oltre 1.500 addetti, ma se i clienti volevano fare richiesta di accesso ai loro dati personali o esercitare i loro diritti non avevano un Data Protection Officer a cui rivolgersi. Nonostante giri di affari milionari con un business basato su avanzate tecnologie di profilazione di gusti e abitudini di consumo dei clienti, geo-localizzazione dei fattorini e degli stessi utenti per conoscere in tempo reale i tempi di consegna su una mappa interattiva visualizzabile sul proprio dispositivo elettronico, ed anche raccolte di informazioni sensibili riferite ad allergie ed intolleranze alimentari dei clienti, se si andava però a leggere

Immuni, l’app di Bending Spoons per iOS e Android scelta dal Governo italiano per il contact tracing dei soggetti risultati positivi al coronavirus, è disponibile dal primo giugno sugli store, quando è arrivato anche il via libera del Garante Privacy. Come si scarica l'app? il download è gratis e su base volontaria, disponibile a tutti gli italiani, anche se per qualche giorno ancora il tracciamento è sperimentale e attivo solo in Puglia, Marche, Abruzzo e Liguria con un avvio nazionale dal 15 giugno – e quali sono le caratteristiche della soluzione, anche con un confronto con i sistemi di tracciamento dei contatti adottati in altri Paesi. L’app Immuni serve, su cellulari iPhone e Android, per sapere se si è stati a contatto con un soggetto poi risultato positivo al coronavirus. L’app ci avvisa in tal senso con una notifica e poi, con la collaborazione dell’utente, permette all’autorità sanitaria di monitorare questo possibile contagio.    La motivazione di fare

Nuovi problemi di privacy per WhatsApp: il ricercatore informatico Athul Jayaram ha scoperto che su Google sono presenti oltre 300.000 numeri di telefono degli utenti a causa di WhatsApp. A febbraio, la nota app di messaggistica aveva corretto una situazione simile, che consentiva a chiunque di trovare su Google i link per entrare a far parte di un gruppo. Il problema, ancora una volta, è quindi rappresentato dall’indicizzazione dei contenuti di Google. Dopo aver condotto alcuni test, utilizzando specifiche stringhe di ricerca, Jayaram ha individuato sul web i numeri di telefono di numerose persone. La causa è da ricercare nella funzione Click to Chat, uno strumento utilizzato su diversi siti per consentire una comunicazione diretta su WhatsApp tra l’azienda e l’utente. Una qualsiasi attività, aggiungendo al proprio portale online, l’icona di WhatsApp o un codice Qr, offre, infatti, ai clienti la possibilità di entrare velocemente in contatto, utilizzando l’app di messaggistica. Quando

Se in casa avete un assistente digitale, e pensate di riuscire a mantenere il controllo della vostra privacy tra le mura domestiche, probabilmente non siete al corrente che i cosiddetti “smart speaker” possono attivarsi non solo quando date loro un esplicito comando vocale, ma anche quando pronunciate espressioni che hanno una certa assonanza con le parole chiave predefinite, rischiando così per finire di essere ascoltati varie volte durante una giornata, e anche quando non ne siete affatto consapevoli. E’ infatti recente la scoperta di Stephen Hall, redattore di 9to5Google, che ha fatto la prova su uno dei tanti dispositivi Android che gli utenti sono abituati ad utilizzare attivandoli con il tipico comando vocale “Ok Google”, e con grande sorpresa l’esperto ha appreso che l’assistente vocale si è attivato con ben 17 parole diverse che, seppur foneticamente somiglianti al comando tradizionale, se ne discostano però lessicalmente in modo significativo, spianando quindi la

I nonni social devono chiedere il consenso dei genitori prima di postare online le foto dei nipotini. Così ha deciso la corte olandese Gederland, che, accogliendo il ricorso della mamma di un minore di 16 anni, ha ordinato a una nonna di rimuovere le foto da Facebook e da Pinterest, fissando una penale giornaliera (50 euro fino a un massimo di 1.000) in caso di ritardo nella cancellazione. La sentenza del 13 maggio 2020, resa nel giudizio C/05/368427 sostiene che non si può applicare il via libera al trattamento di dati per scopi esclusivamente personali, previsto dal Regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr). Il problema è, infatti, fino a che punto possa arrivare la cosiddetta «esimente domestica» e cioè la deroga alle norme sulla privacy (e, quindi, la deroga all'obbligo del preventivo consenso) per i trattamenti per scopi personali. La sentenza olandese è orientata alla cautela e mette in guardia dal

Se salite sul taxi e durante l’itinerario vi va di scambiare due chiacchiere, oppure incappate in un conducente espansivo sullo stile di Alberto Sordi con la sua Fiat Ritmo gialla "Zara 87" nel memorabile film “Il tassinaro”, prima di lasciarvi andare a parlare di questioni confidenziali informatevi se e quali dispositivi sono installati sull’autovettura per sincerarvi che una videocamera non vi stia riprendendo e magari anche quello che dite non venga registrato a vostra insaputa. Per quanto possa avere dell’incredibile, è proprio quello che faceva la Taksi Helsinki Oy, che è la più grande compagnia di taxi della Finlandia. Il tutto ovviamente senza fornire le dovute informazioni e quindi violando la privacy degli ignari clienti. Senza evidentemente porsi troppe domande riguardo alle implicazioni del Gdpr, a partire dalla necessità di verificare la liceità del trattamento di dati personali e di effettuare una valutazione d’impatto ai sensi dell’art. 35 del Gdpr, nell’estate del

Classe action contro Google da almeno 5 miliardi di dollari. L’accusa rivolta al colosso del web è quella di tenere traccia dell’attività internet degli utenti anche mentre utilizzano la modalità di navigazione in incognito, operando quindi in modo ingannevole nei confronti di milioni di utenti del suo browser Chrome, e violando così la loro privacy. Teoricamente, la modalità di “navigazione privata” dovrebbe consentire agli utenti di navigare in Internet senza archiviare i propri dati, tuttavia, nella citazione in giudizio nel tribunale federale di San Jose, in California, viene invece sostenuto che Google raccoglierebbe segretamente informazioni su ciò che le persone visualizzano online anche quando utilizzano la modalità di navigazione in incognito da computer e smartphone, ma anche attraverso plugin e app di siti web come Google Analytics, Google Ad Manager. La strategia di Google mirerebbe a conoscere amici, hobby, cibi preferiti, abitudini di acquisto e persino le “cose più intime e potenzialmente

Se state cercando lavoro e notate che nei questionari delle procedure di selezione del personale vi vengono fatte un po’ troppe domande, e magari qualcuna anche indiscreta, talvolta chi ha il compito di assumervi potrebbe davvero esagerare, rischiando pure una sanzione per violazione della privacy. Secondo uno studio condotto da Wyser, l’80% degli head hunter effettua una ricerca online su ogni persona da cui riceve il curriculum, ma in certi casi neanche spulciare tutti i suoi profili social può soddisfare la smania di sapere ogni particolare sul conto dell’aspirante collaboratore, perciò l’invito ad un colloquio conoscitivo può trasformarsi in una specie di terzo grado con una serie di domande molto dettagliate. Uno degli ultimi casi è quello di una società finlandese che sottoponeva a coloro che si candidavano per essere assunti (ma anche ai propri dipendenti) dei questionari mirati a raccogliere approfondite informazioni della loro privata, con domande sulle credenze religiose, sulle

Nextware Pro entra in una nuova dimensione, supera le i limiti di una applicazione installata su un pc e si affaccia nel mondo Web. Da oggi è possibile fruire di Nextware Pro attraverso un qualsiasi browser Web con il quale potrete accedere ai vostri dati in modo semplice ed efficace. La nostra tecnologia coniuga la semplicità di gestione di un’applicazione web (nessuna installazione in locale, nessuna necessità di gestire gli aggiornamenti, nessuna necessità di gestire il sistema informatico e di preoccuparsi dei backup dei dati) con la potenza di un’interfaccia desktop (molteplici form contemporanei, form ridimensionabili, più funzioni utilizzabili in contemporanea) molto più efficace e sofisticata di quella di una classica applicazione web. Con la nuova piattaforma Web potrete utilizzare Nextware Pro con qualsiasi dispositivo e con qualsiasi sistema operativo, da Windows a MacOS, da Linux ai Chromebook di Google. Chi già utilizza Nextware Pro in cloud potrà fruire della nuova interfaccia gratuitamente,