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Immuni: L’App come Funziona

Immuni, l’app di Bending Spoons per iOS e Android scelta dal Governo italiano per il contact tracing dei soggetti risultati positivi al coronavirus, è disponibile dal primo giugno sugli store, quando è arrivato anche il via libera del Garante Privacy.

Come si scarica l’app? il download è gratis e su base volontaria, disponibile a tutti gli italiani, anche se per qualche giorno ancora il tracciamento è sperimentale e attivo solo in Puglia, Marche, Abruzzo e Liguria con un avvio nazionale dal 15 giugno – e quali sono le caratteristiche della soluzione, anche con un confronto con i sistemi di tracciamento dei contatti adottati in altri Paesi.

L’app Immuni serve, su cellulari iPhone e Android, per sapere se si è stati a contatto con un soggetto poi risultato positivo al coronavirus. L’app ci avvisa in tal senso con una notifica e poi, con la collaborazione dell’utente, permette all’autorità sanitaria di monitorare questo possibile contagio.   

La motivazione di fare un’app di questo tipo e la conseguente scelta di Bending Spoons e dell’app Immuni (sviluppata in partnership con Centro Medico Santagostino) poggia su tre considerazioni ufficiali, ovvero:      

  • capacità di contribuire tempestivamente all’azione di contrasto del virus;
  • conformità al modello europeo delineato dal Consorzio PEPP-PT (in effetti adottato in parte dall’app); poi l’app ha cambiato modello adottando quello di Apple-Google (vedi sotto), con un modello più decentralizzato.
  • garanzie per il rispetto della privacy.

Gli ultimi due aspetti (considerando che il Consorzio PEPP-PT ha sempre escluso un approccio basato su GPS per i rischi privacy connessi) confermano che Bending Spoons sia stata scelta anche perché ha escluso un’invasiva soluzione basata su GPS, non in linea con le linee guida europee.

L’app può essere scaricata, su base volontaria e gratis, dal play store Android e dall’Apple store per dispositivi iOS (il download non sarà quindi disponibile, almeno inizialmente, su Windows Phone, su feature phone, su telefoni Android sprovvisti del play store e su iPhone precedenti al 6S del 2015); oppure sul sito ufficiale www.immuni.italia.it.

L’app Immuni,  si fonda, sulla tecnologia Bluetooth Low Energy (BLE) e mantiene i dati dell’utente sul proprio dispositivo, assegnandogli un ID temporaneo, che varia spesso e viene scambiato tramite Bluetooth con i dispositivi vicini. Il Governo per ora ha espunto la parte dell’app destinata ad ospitare una sorta di “diario clinico” in cui l’utente avrebbe potuto annotare tempo per tempo dati relativi alle proprie condizioni di salute, come la presenza di sintomi compatibili con il virus.

Come avviene il tracciamento coronavirus e le tutele privacy con l’attuale app Immuni?

  • I cellulari conservano in memoria i dati di altri cellulari con cui sono entrati in contatto via bluetooth (in forma di codici anonimi crittografati). Associati a questi codici ci sono dei metadati (durata dell’”incontro” tra i dispositivi, forza del segnale percepito) che entrano in gioco nella valutazione (valutazione che viene fatta direttamente in locale sul singolo device) del “rischio contagio”.
  • Quando uno dei soggetti che ha scaricato l’app risulta positivo al virus, gli operatori sanitari gli forniscono un codice di autorizzazione con il quale questi può scaricare su un server ministeriale il proprio codice anonimo (questo avviene nel modello decentralizzato che sarà la versione definitiva di Immuni. In quello precedente, usato finora nelle beta dell’app, il paziente carica la lista dei codici con cui è stato in contatto nei giorni precedenti).
  • I cellulari con l’app prendono a intervalli regolari dal server i codici dei contagiati (nel modello precedente ricevono direttamente dal server la eventuale notifica di essere un “soggetto a rischio”).
  • Se l’app riconosce tra i codici nella propria memoria un codice di un contagiato, visualizza la notifica all’utente (nel modello precedente, visualizza la notifica su impulso del server, come sopra accennato).

La trasmissione dei dati è cifrata e firmata digitalmente per garantire la massima sicurezza e riservatezza in questa fase di “uscita” del dato dallo smartphone del singolo utente. Questo avviene stando allo standard del progetto PEPP-PT e anche di altri utilizzabili da queste app in Occidente, compreso il DP-3T.

Il Governo ha fatto sapere che il server è un’infrastruttura pubblica italiana, gestita da Sogei, con una piattaforma software gestita dal ministero della Salute.

Il ministero della Salute ha fatto sapere al Garante che se l’indice di rischio supera una soglia predefinita, l’app mostra all’utente un messaggio di allerta “sulla possibile esposizione al contagio”, a quanto si legge nel provvedimento del Garante (è la “notifica di esposizione”) (“Il giorno TOT sei stato vicino a un caso COVID-19 positivo”).

Si dice quindi anche quando è avvenuto il contatto.

Che contiene il messaggio di notifica? “Il messaggio invita quindi l’utente ad adottare alcune regole di comportamento, nonché a contattare il proprio medico di medicina generale/pediatra di libera scelta, che a sua volta provvederà a contattare il Dipartimento di prevenzione della Azienda sanitaria locale territorialmente competente”.

Uno studio molto citato, nel mondo, della Oxford University sembrava affermare che è necessario almeno un’adozione del 60% della popolazione perché l’app sia efficace. Di recente i ricercatori dello studio hanno chiarito che c’è stato un equivoco. Il 60% (il 56% in verità) serve per un’efficacia ottimale, con cui l’app basterebbe a controllare l’epidemia senza necessità di altri interventi governativi.

I ricercatori hanno chiarito che c’è un vantaggio però a qualsiasi livello di adozione, anche del 10% (in Italia 6 milioni di persone; nella prima decade di giugno siamo vicini a 2 milioni, a una settimana circa dal debutto). 

 

Articolo Ripreso da: Agenda Digitale.Eu