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Un italiano su tre non si fida più di come le aziende trattano i dati personali dopo la pandemia

Una popolazione informata e preoccupata. Questa è la fotografia che emerge sul sentiment degli italiani in materia di privacy e di trattamento dei dati personali e soprattutto sensibili, condivisi negli anni 2020 e 2021, quando a causa dell’emergenza pandemica, c’è stata la grande diffusione dello smart working. A rivelarlo è la ricerca di OpenText, azienda che si occupa di soluzioni e software di enterprise information management, condotta da 3Gem a marzo 2022 su un campione di 27.000 consumatori distribuiti tra Italia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Australia, Canada, Singapore, India, Brasile e Giappone.

Dalle risposte delle 2.000 persone intervistate in Italia, viene fuori una generale mancanza di fiducia nei metodi di gestione dei dati sensibili da parte delle aziende, unita a una scarsa conoscenza dei dati stessi e dei fini per cui vengono archiviati. Con il nuovo modello di lavoro ibrido che continua a prevedere una parte in smart working, il 74% degli italiani si preoccupa maggiormente che in passato di come le aziende garantiscano la protezione dei dati su modelli distribuiti, anche se poi, solo il 38% (una percentuale comunque in forte crescita rispetto al 2020) dichiara di comprendere a fondo le norme che regolamentano il data privacy.

Il 32% degli intervistati ha dichiarato di non fidarsi di come le aziende trattano i dati personali, pur dovendone accettare le policy per continuare a utilizzare i servizi. Il 49% del campione invece diversifica la propria fiducia tra alcune aziende che ritiene più meritevoli e altre meno, ma solo il 15% si fida completamente di come gestiscono i dati. “Complice l’arrivo della pandemia”, puntualizza Antonio Matera, regional vice president sales Italy, Malta, Greece & Cyprus di OpenText, “la protezione dei dati personali è diventato uno dei temi maggiormente discussi negli ultimi due anni”. I consumatori italiani, secondo Matera, “si sono rivelati tra i più preoccupati e allo stesso modo tra i più attenti e informati. Negli ultimi due anni le persone hanno cominciato a informarsi e comprendere meglio ciò che le circonda, arrivando a conoscere più a fondo le leggi che regolano il data privacy”.

In questo scenario poi, emergono nuovi aspetti che le aziende devono prendere in considerazione maggiormente rispetto al passato anche per trasformare le preoccupazioni in un vantaggio informativo. Infatti, per il regional vice president sales di OpenText, “la necessità di proteggere le informazioni personali è diventata mission-critical anche per le aziende. Tutti i settori dell’industria e dei servizi possono trovare nella privacy dei dati non solo sfide, ma anche opportunità. Riuscire a proteggere con successo i dati personali dei clienti, infatti, significa aumentare la fiducia dei clienti e aumentarne in ultima analisi la fedeltà”. Basti pensare che oltre la metà degli italiani intervistati (51%) sarebbe disposta a pagare di più pur di vedere i propri dati protetti adeguatamente.

Un sentimento condiviso con la maggior parte delle altre popolazioni europee, che vede in testa gli spagnoli (69%) seguiti da inglesi e tedeschi (entrambi 60%). Meno interessati invece i francesi dove solo il 39% pagherebbe di più per maggiori garanzie di data privacy. Se questo atteggiamento dimostra che le aziende potrebbero guadagnarci a tutelare maggiorente la privacy dei consumatori, un atteggiamento meno protettivo potrebbe creare grossi problemi al business.

Un italiano su tre ha dichiarato che abbandonerebbe del tutto i servizi di un’azienda se questa subisse violazioni ai danni di dati personali o li condividesse con terze parti per scopi differenti da quelli dichiarati. Nella nuova normalità, 4 italiani su 10 si aspettano che la sicurezza sia garantita indipendentemente da dove lavorano i dipendenti anche se il 24% del campione è convinto che i dati condivisi durante la pandemia non verranno più cancellati, anche se non serviranno più per scopi relativi alla prevenzione dal Covid-19. A tanta attenzione “teorica” per la privacy però, non corrisponde sempre un comportamento altrettanto oculato.

Seppure i consumatori sanno sempre meglio come proteggere i propri dati su app, account di posta elettronica e social media, tuttavia non sempre questi comportamenti vengono messi in pratica. E infatti, se l’85% degli intervistati sa come tenere al sicuro le informazioni personali, solo il 38% controlla con regolarità le impostazioni per assicurarsi di seguire le migliori pratiche per mantenere i propri dati privati e sicuri. Per tutto questo, conclude Matera, “non c’è mai stato un bisogno così grande di soluzioni di enterprise information management che non solo supportino la conformità con le leggi sulla privacy e sulla protezione dei dati, ma offrano anche un vantaggio competitivo che consenta di mantenere la fedeltà dei clienti”.

Articolo ripreso da FederPrivacy