Ikea condannata perchè spiava i dipendenti: multa da un milione di euro
Il Tribunale di Versailles ha condannato Ikea a pagare oltre un milione di euro in multe per una campagna di spionaggio, non industriale, ma personale, su rappresentanti sindacali, dipendenti e, persino, su alcuni clienti insoddisfatti. Il processo, che ha preso il via lo scorso 22 marzo, ha avuto una sentenza piuttosto rapida, destinata a fare giurisprudenza in ambito lavorativo.
Secondo la sentenza, si tratta di “ricettazione di dati personali in modo fraudolento”, condannando 13 dirigenti e l’ex Amministratore Delegato di Ikea France, Jean Lousi Baillot, a pene detentive con la condizionale (18 mesi), per aver fatto spiare diverse centinaia di dipendenti nel periodo fra il 2009 e il 2012.
L’accusa aveva richiesto pene più severe, ma il tribunale ha deciso di escludere il capo di imputazione più grave, la “sorveglianza di massa”. In quel caso, gli imputati avrebbero rischiato fino a dieci anni di reclusione.
L’unico dei dirigenti ad aver ammesso lo spionaggio, Jean-Francois Paris, ha confessato ai giudici francesi che oltre 500.000 euro all’anno erano destinati da Ikea a queste indagini “parallele”.
La filiale francese di Ikea impiega più di 10.000 persone in 34 negozi sparsi per tutto il paese. I sindacati hanno accusato Ikea France di aver raccolto dati personali con mezzi fraudolenti, in particolare attraverso file della polizia ottenuti illegalmente (pagando!) e di aver divulgato illecitamente informazioni personali.
Gli avvocati di Ikea Francia hanno negato che l’azienda avesse una strategia di “spionaggio “generalizzato” , comunque l’azienda, ha confermato di aver collaborato alle indagini, ha rischiato una multa fino a 3 milioni e 750.000 euro.
Un avvocato dei sindacati, Solene Debarre, ha espresso la speranza che il verdetto del Tribunale di Versailles possa “far “tremare anche altre aziende”. “Un milione di euro non è molto per Ikea, ma è un simbolo”, ha dichiarato l’avvocato Debarre, riferendosi alla multa comminata al gigante svedese dell’arredamento.
Il procuratore Pamela Tabardel aveva chiesto alla Corte di emettere `una sentenza esemplare e dare “un messaggio forte a tutte le aziende”.
L’avvocato di Ikea Francia, Emmanuel Daoud, ha detto che la società non ha ancora deciso se fare appello.
Nell’emettere la tutto sommato mite sentenza, la Corte ha preso in considerazione il piano d’azione (e di pulizia) che Ikea ha messo in atto dopo la rivelazione dei fatti, a partire dal 2012. L’azienda, infatti, ha licenziato quattro dirigenti e cambiato la politica interna, subito dopo che la Procura francese ha aperto l’indagine penale.