Per accedere alle Videoguide e alla documentazione in PDF scaricabile è necessario accedere con i dati forniti in fase di registrazione dal nostro staff.

Dark Web: Il Mercato dei dati personali

Nel Dark Web i dettagli della carta di credito di un utente sono prezzati tra i 5 e i 16 euro, mentre quelli del conto Paypal partono da 42 fino ad arrivare a 418 euro. A dirlo è una ricerca della società di sicurezza Kaspersky, che ha analizzato le offerte presenti su dieci forum e mercati darknet internazionali.

Dati personali in vendita a meno di 50 centesimi su dark web

Se i dati personali di un utente che li ha condivisi online in modo incauto, o che a volte sono stati rubati, possono costare anche meno di 50 centesimi quando la refurtiva allo smercio nel dark web consiste in dati identificativi come nome, codice fiscale e data di nascita, il tariffario aumenta invece notevolmente man mano che le informazioni diventano più appetibili per criminali e malintenzionati che gravitano nella parte di internet non accessibile attraverso i normali motori di ricerca e in cui si portano avanti attività prevalentemente illegali,

Ad esempio, può costare fino a 50 euro un selfie con documento di identità in mano, mentre i dettagli della carta di credito sono prezzati tra i 5 e i 16 euro, e quelli di un conto Paypal partono da 42 euro per arrivare a 418 euro per ciascun singolo utente. Novità degli ultimi mesi sono i dati delle cartelle cliniche, che vanno da 84 centesimi a 25 euro.

I dati venduti nel dark web si possono sfruttare per estorsioni, truffe, schemi di phishing e furto diretto di denaro. Alcuni tipi di dati, come l’accesso a conti personali o a database di password, possono essere utilizzati non solo per fini di lucro, ma anche per danni alla reputazione e sociali, come nel caso del doxing. Si tratta di una pratica vicina al cyberbullismo in cui un utente condivide le informazioni private di un’altra persona senza il suo consenso, con l’obiettivo di metterla in imbarazzo, ferirla o metterla in pericolo.

Fonte: Ansa

Articolo Ripreso da: FederPrivacy.Org